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1.
Introduzione
2.
Ascolto e
identità
3.
Abbattere le
barriere
4.
Conclusione
1.
Introduzione
Come genitori, siamo
spesso convinti di dover fare e dire
sempre qualcosa ai nostri bambini, per promuovere la
loro educazione. Ma molte volte sarebbe più
importante tacere e ascoltare.
Lascolto
non è qualcosa di passivo,
ma è un momento
essenziale per poter comunicare positivamente con
laltro:
soprattutto con il bambino, che è
particolarmente dotato della capacità di
cogliere i segnali non verbali che fanno parte
integrante della comunicazione.
Lascolto
attento, empatico, desideroso di comprendere, è
un momento di identificazione con laltro e
ci permette di cogliere le intenzioni, le
motivazioni, le emozioni di chi ci sta parlando,
e quindi di dire a nostra volta qualcosa che laltro
sarà in grado di comprendere e accettare:
perciò saper ascoltare significa anche poter
essere ascoltati.
2.
Ascolto e
identità
Ascoltare il bambino
vuol dire riconoscere la sua identità, e quindi la
sua dignità come soggetto diverso da noi ma in
dialogo continuo con noi.
Questo è molto importante poiché
sappiamo che, fin da piccolissimo, il bambino esprime e
narra se stesso, sollecitando così lascolto
dei genitori e la loro innata capacità di cure
parentali, che non sono rivolte soltanto al
mantenimento del benessere materiale, ma soprattutto di
quello psichico, emotivo e affettivo: cure che spettano
non solo alla figura materna, ma, con altrettanta
efficacia, a quella paterna.
È proprio attraverso le espressioni di questo
ascolto (fatto di sguardi, di sorrisi, di
contatto
) che il bambino comincia a
costruire la propria autostima e la propria
identità.
È proprio attraverso la comunicazione con i
genitori che il bambino fin dai primi mesi di
vita va costruendo il proprio Sé: un
Sé unico, diverso da tutti gli altri, possessore
di particolari caratteristiche, abilità, valori
e anche di limiti, difetti, fragilità: si
costruisce cioè come soggetto (lio) e come
oggetto (il me), come colui che si narra, si
esprime, si espone, e come colui che viene
ascoltato, guidato, valorizzato.
3.
Abbattere le
barriere
Ci possono essere delle barriere allascolto.
La barriera principale è quella di un
ascolto fittizio,
cioè di un ascolto che giudica già in partenza,
che crede di sapere e di indovinare, anziché
essere aperto alla scoperta del figlio come altro
da sé e delle sue specificità.
Oppure un ascolto
che nega, disapprova o corregge
emozioni e sensibilità espresse dal bambino,
anziché aiutarlo a riconoscerle come proprie
risorse.
O ancora, un ascolto
che parte dallo schema di valori, proprio delladulto,
e lo sovrappone a quello tipico del bambino (o
delladolescente), anziché lasciarsi
condurre alla scoperta del mondo interno del
figlio, delle sue fantasie ed esigenze più
profonde.
Insomma, anche nella comunicazione
col figlio lascolto autentico del genitore
dovrebbe fondarsi sulla disponibilità a riscoprire
il proprio figlio come se fosse veramente altro,
a elaborare queste scoperte, ad accettare i cambiamenti
che esse possono anche richiedere al nostro modo di
comunicare con lui: a lasciarcene influenzare, a
lasciarci cambiare.
4.
Conclusione
Per concludere, voglio ricordare
questo profondo pensiero espresso da Erikson nel suo
libro Introspezione e responsabilità
(1964): «Solo colui che avvicina
laltro con atteggiamento donativo, piuttosto che di
pretesa o di richiesta, sarà in grado di fare dellaltro
ciò che laltro può diventare».
È
un vero monito per i genitori i quali spesso pensano
che il dono più grande che possano fare ai figli sia
la loro esperienza, la loro anzianità, il loro
saperne di più.
Essi
dimenticano che il vero dono è la promessa,
implicita nel fatto stesso di metterli al mondo,
che apre un orizzonte damore nuovo e
superiore ad ogni altro, la promessa di non
dimenticare e non minimizzare mai la loro
presenza, ma di considerarla un impegno per la
vita.
Un impegno per cui i
genitori stessi possono lasciarsi guidare da un
bimbo che sa di poter essere ascoltato.
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